Quello di far conoscere al grande pubblico la musica d’oggi, la famigerata musica contemporanea – che ancora incute un certo timore ai «non addetti ai lavori» – è, soprattutto per chi come me fa il compositore, uno degli aspetti più delicati del nostro mestiere, troppo spesso trascurato o lasciato in secondo piano. L’idea – che poi è la modalità preferita proprio dell’Associazione e che infatti ci ha da subito trovati perfettamente in sintonia – di offrire un contatto diretto e partecipativo tra pubblico e artisti, come accade con le belle presentazioni che possiamo ascoltare ogni volta, o con guide all’ascolto dedicate è, a maggior ragione per la «contemporanea», il modo migliore per sciogliere quel ghiaccio che impedisce a tanti ascoltatori di avvicinarsi ad un mondo che può dare suggestioni molto forti.
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… Da questo è nata l’esigenza di dedicare uno spazio della manifestazione per approfondire la conoscenza della personalità del compositore Dimitri Nicolau, recentemente scomparso…
Peculiarità dell’avvenimento e motivo di grande interesse per gli ascoltatori è stata la presenza tra gli interpreti del Quartetto di Saxofoni “Rénaissance”…, sono state presentate tre opere scritte da Dimitri Nicolau: il Saxquartet n° 5 op. 270, “Renaissance”, eseguita in prima mondiale, il Saxquartet n° 6 op. 273 e la Zuki’s Dance, tutte dedicate al Quartetto “Rénaissance” stesso.
L’esecuzione del Quartetto è stata molto apprezzata per l’ottimo grado di fusione, l’intonazione sicura, la plasticità e la duttilità dell’interpretazione. L’insolita presenza di uno strumento così diverso da quelli a plettro,…è divenuta motivo di conoscenza e approfondimento della poetica di Dimitri Nicolau…
…una direzione accorta e calibrata ha accompagnato l’eccellente esecuzione che del Concerto per saxofono e archi di P.M.Dubois, ha offerto il solista Pier Paolo Iacopini.
Musica di estrema varietà quella di Dubois…e che risulta particolarmente impegnativa per il solista.
Ma Iacopini è musicista dotato oltre che di grande sensibilità, anche di tecnica impeccabile ed ha saputo illuminare con propietà i vari spunti che trapuntano la musica dell’autore francese; mirabile in particolare la resa della suadente cantabilità che caratterizza il seconda tempo.
Richiestone, Iacopini ha inteso sottolineare la duttilità del suo strumento, eseguendo la trascrizione di un tempo di una “Partita” per violino di Bach.
Al sassofonista Pierpaolo Iacopini, invece, l’onere di interpretare il concerto op. 109 di A. Glazunov. Costruito in un tempo unico eseguito senza soluzione di continuità, ancorchè nella tradizionale forma tripartita, questo concerto sembra seguire la stessa idea che ispirò l’autore nella stesura del più noto concerto per violino, ovvero una sorta di rapsodia costruita su una lunga serie di variazioni che discendono da una melodia principale. Ben assecondato dalla direzione attenta del Maestro Lentini, Iacopini si è dimostato interprete virtuoso, ma al contempo attento a cogliere l’unità di un opera non sempre facile, nella quale è costantemente presente l’insidia di un tedioso tecnicismo.
Di grande suggestione anche il brano del sassofonista Pierpaolo Iacopini che ha eseguito, in prima assoluta, la trascrizione per sassofono della “Ciaccona” di Bach, una vera perla.
Musica scritta per un amore di sassofono. Arrivato sulla scena musicale solo nel 1846, il sax non ha ovviamente potuto sollecitare la fantasia dei grandi compositori dell’epoca romantica. La sua letteratura si svolge quindi tra la fine dell’800 e l’oggi, con una buona predominanza di autori francesi. Così è anche il caso di “Music to love” (solo una pura coincidenza la segnalazione nei giorni di San Valentino), inciso per Brioso da Pier Paolo Iacopini, sassofonista romano da qualche anno a Bari come docente al locale Conservatorio, e Alessandra Lattanzi, pianista anche lei romana. Il disco, che è stato accolto positivamente dalla stampa americana, si apre con la “Sonatine” di stampo neoclassico di Pierre Max Dubois, allievo vivente di Milhaud e prosegue con “Tableaux de Provence” di Paule Maurice, “Sonate pour saxofone alto” di Jeanine Rueff e “Piece concertante (dans l’exprit du jazz) di Paul Bonneau. Due donne, le prime, e un uomo, tutti legati ai recenti ambienti del Conservatorio Nazionale di Musica di Parigi (bonneau è morto nel ’95, la Rueff nel ’99). La loro musica risente dello stile e della tradizione nazionale che pure non rinuncia ad accogliere influssi estranei, dai temi popolareschi che richiamano il folklore mediterraneo, sino a cedere allo spirito del jazz che aleggia nel lavoro di Bonneau. Il suono di Iacopini è caldo, quasi fosse un violoncello; la tecnica, di grande agilità, gli consente rapide svirgolature di note e di suono in tutti i registri dello strumento. I musicisti si congedano all’ascolto con la bellissima “Rapsodie” di Debussy, vero capolavoro della letteratura per sassofono.
Iacopini has phenomenal technique, particularlyin the middle and lower register and an unusual, red-wine tone that is quite unlike anything I have heard before outside of the jazz world.
“La musica è un fatto di pensiero. Il pensiero è inteso non come razionale, ma mezzo per scatenare intuizioni”. Queste le prime parole di Pier Paolo Iacopini, titolare della cattedra al Conservatorio di Bari di Sassofono: ieri sera al Caffe Dolceamaro, via S.Francesco d’Assisi 11, ha conquistato il pubblico presente accompagnato dalla pianista Rosamaria Carboni. “C’è molta confusione quando si parla del sax: molti ritengono che sia uno strumento nato per il jazz dimenticando un particolare fondamente: il sassofono è europeo. E’ arrivato in America solo quando nella bands ha finito per sostituire il suono del clarinetto. Nient’altro. Sono due modi completamente differenti di suonare. Nel jazz non c’è esigenza di formazione del suono, ciò che esce è basato sull’istinto. Attualmente suonare il sax fa tendenza e moda, si sa: si lega questo strumento ad una sfera culturale che è indice solo di sciatteria: siamo di fronte all’esibizionismo puro, e manca del tutto l’idea del percorso da fare per capire cos’è davvero il sax. Inteso così, se hai qualche capacità, dopo un anno puoi già dire di saperlo suonare. Il vero problema, che ha in un certo qual modo danneggiato la storia del sassofono, è stato quello di essersi trovato in un periodo storico in cui c’era una netta separazione tra due culture, rimanendo legato soprattutto ad un settore, quello francese con un suo ben vasto e difficile repertorio, a differenza di ciò che è accaduto in Germania, per esempio, dove non c’è mai stato il successo e seguito che meritava. Così i ragazzi che ho al Conservatorio, imparano il sax classico, quello che permette di avere finalmente una preparazione completa, ben diversa dall’impostazione jazzistica, si studia Bach, come Mozart. In realtà manca una scuola in Italia. Chi esce adesso dagli studi ha, si, un pezzetto di carta valido, ma ha in mano una via di mezzo ben lontana, purtroppo, dalla storia vera di questo magnifico strumento. Non mi stancherò mai di dirlo – continua Pier Paolo Iacopini – il sax ha bisogno di recuperare le sue radici e devo dire grazie al mio insegnate, Claudio Taddei, che ha studiato in Francia, se adesso posso trasferire ai miei alunni questa importantissima lezione”. Il programma presentato: una trascrizione di Pier Paolo Iacopini in collaborazione con la pianista Carboni sulla composizione di Samel Barber (Souvernirs op.28, Ballet Suite) e pezzi originali di autori del ‘900, in particolare del greco Dimitri Nicolau (Three Sax Music Moments op.207) e di Darius Milhaud. Da risentire.
Il suono di Iacopini è caldo, in alcuni passaggi, sembra che venga da un oboe, un flauto o un violino, in particolare quando esegue la “Ciaccona”dalla “Partita in Re min BWV 1044” per violino di J.S.Bach.