Nella ‘cultura musicale’ della sinistra italiana, la cosiddetta musica “classica” o colta se così vogliamo chiamarla, (ma perché poi? la musica popolare con le sue radici antichissime non è forse colta?), comunque sia, non ha mai trovato molti sostenitori.
Questo in generale, ma anche i vari noti personaggi della sinistra, i cosiddetti leader, hanno mantenuto con lei un rapporto di tipo personale, legato alla sfera privata. I motivi secondo me sono molti e tutti ideologici: questo tipo di musica ha trovato il suo periodo di massimo fulgore tra la fine del ‘700 e l’inizio del ‘900, quando la borghesia si sviluppò e si affermò come classe dominante, è rimasta appannaggio della classe dominante che è riuscita a trasformare il concerto in un rituale di tipo religioso in cui riconoscere la sua diversità e forse superiorità dal resto della società.
Un posto dove la volgarità della vita quotidiana con le sue miserie e la sua violenza non aveva accesso.
E purtroppo la sinistra è caduta nell’inganno, (o forse l’ha accettato per convenienza), dimenticandosi che gli artefici di quelle opere d’arte erano molto spesso degli irregolari, dei ribelli che hanno pagato a caro prezzo il loro essere artisti.
Il volere ideologicamente che la musica e l’arte in generale, mantenesse un contenuto di realismo sovietico, in cui fosse sempre presente l’idea dello scontro politico in atto nella società, e il voler ignorare la necessità negli esseri umani di una ricerca sulla parte non cosciente della mente, l’ha resa inutile… per le masse.
Canzonette per distrarre la mente, ancorché ben fatte, cantautori di sinistra per diffondere le parole d’ordine e il rock “tosto” per ribelli doc. Poi negli anni ’70 il sostegno acritico dato alla cosiddetta avanguardia colta e al jazz sempre d’avanguardia.
Ma solo perché si era creato un pubblico di “intenditori?” che dovevano aver ben chiara l’idea che la loro libertà di ascoltare (e di ribellarsi ascoltando), era garantita dalla sinistra. E tutto questo aiutava a certificare il loro essere di sinistra.
Quindi sostegno finanziario elargito acriticamente, su base vogliamo dire, di rapporto diretto con i vari organizzatori, ma nessuna ricerca, nessuna possibilità di trovare spazi di ascolto per chi proponesse una ricerca personale, una riflessione seria.
Ora il fatto nuovo è sicuramente il gruppo di intellettuali e di politici che si è ritrovato intorno a LEFT.
LEFT rappresenta una concreta possibilità per la sinistra di ritrovare una nuova identità, che vada oltre la lotta in difesa dell’esistente, e che sia invece propositiva di idee nuove per la società e sulle relazioni tra gli esseri umani.
E’ stata una bellissima conferma per me, avere l’invito di LEFT a partecipare alla “Festa” che si è tenuta nella “Città dell’altra Economia” a Roma per eseguire quella che è la mia ricerca per saxofono solo: a sottolineare la possibilità per la sinistra di superare il suo ‘non pensare’ la musica, superare il disinteresse per la ricerca, ancorché in campo musicale.
E’ stato un bellissimo modo di combattere la rassegnazione che dice: la musica in Italia non piace, la musica classica è troppo difficile e nessuno ha voglia di cimentarsi con cose difficili. E poi più subdolamente la bugia: tutto quello che poteva essere detto o fatto è stato già detto o fatto; quindi tutto sarà solo una sterile ripetizione; tanto vale allora cercare di alleggerire i contenuti e consolare.
Mentre ero lì, aspettando che venisse il mio turno di suonare, pensavo al fallimento ‘politico’ di proporre la fruizione del frutto della fantasia e della creatività umana come fatto consolatorio. All’alienazione religiosa come impossibilità di conoscenza e di evoluzione della mente.
E infatti l’interesse, l’attenzione delle persone presenti erano palpabili, nonostante si fosse lì da alcune ore, all’aperto.
E’ stata una bellissima esperienza, una acquisizione di certezza, per me, un punto di non ritorno.
La registrazione delle mie due esecuzioni alla Festa di Left (a cura di Mawivideo):